XVIII EDIZIONE

LUNEDÌ 14 MARZO 2022

Le beatitudini: il consiglio di Dio agli uomini su come uscire dalla inumanità

Nel suo vivere da “vero uomo” Dio ha proclamato le beatitudini: queste espressioni dei desideri di Gesù (in linea con i bisogni e i desideri dei poveri, di chi piange, di chi è privo del minimo per il riconoscimento della propria dignità e integrità di essere umano) sono il consiglio di Dio agli uomini su come uscire dalla inumanità.

Ma qual è il “minimo comun denominatore” per essere definiti umani, ciò in cui tutti noi uomini, indipendentemente dalle nostre radici (preistoriche, storiche, culturali, etniche, religiose, sociali, politiche etc) siamo uguali?  Sgombrato il campo dalla idealizzazione dell’umano (base del superuomo e di tutte le tirannie), Josè Maria Castillo, in un saggio del 2019 (l’Umanizzazione di Dio), definisce così questo denominatore:

carnalità (tutti siamo esseri di carne e ossa; quindi, la vita vincolata alla carnalità è costitutiva dell’essere umano. La carnalità ovviamente, va differenziata dall’animalità);

individualità (tutti abbiamo la capacità di scegliere e di decidere, ovviamente quando vi sia il prerequisito della libertà);

socialità (la condizione di esseri sociali implica l’alterità).

Tranne pochi esempi di senso diverso, l’essere umano non è fatto per vivere in solitudine: tutti siamo esseri sociali e le relazioni di alterità (vivere in comunicazione, in donazione con qualcuno e per qualcuno) sono costitutive dell’essere umano e forniscono la base per quell’insieme di fatti e di esperienze che si colloca al di là delle conoscenze scientifiche e che condiziona e caratterizza l’umano.

Ciascuno di noi, in misura differente, porta dentro di sé quote di inumanitàLiberarci dalla disumanizzazione (per perdita magari transitoria di umanità), è lo sforzo che giornalmente dobbiamo fare per umanizzarci (essere definiti uomini).

Giovanni Di Minno, Università Federico II, Napoli