Beate le mani delle donne

Guerra, sostantivo femminile. Ma in genere sono gli uomini a dichiararla, a usarla come mezzo per risolvere conflitti da cui non riescono a uscire fuori. Accecati dall’autocompiacimento per se stessi, mettono da parte ogni briciolo di compassione e si lanciano, ciechi, nel caos primordiale dove bene e male confluiscono in un’esplosione atomica.

Se il mondo fosse in mano alle donne, se le donne contassero davvero più di quello che ci basta farle contare, la guerra sarebbe ancora un’opzione?

Di fatto non lo sappiamo, perché il mondo che abitiamo è ancora fortemente declinato al maschile. E non solo perché gli uomini finiscono sempre per occupare gli scranni più alti in quasi tutti i settori. Lo storico Barbero, qualche tempo fa, è finito sulla graticola per aver detto che il potere non è affare per donne, perché richiede una spietatezza e un cinismo che non appartiene loro. Evviva Dio, verrebbe da dire stringendo la mano allo storico massacrato da un’opinione pubblica drogata di politically correct. Menomale che le donne (molte, ma non tutte) non sono ciniche, arriviste e senza scrupoli, come certi uomini. Questo fa ben sperare e ci aiuta a rispondere alla domanda se la guerra sarebbe ancora una valida opzione se fossero le donne a governare il mondo. Penso alla notizia, diffusa ieri dalla nostra QUAR22, della mamma russa che riceve una telefonata dal figlio in guerra, attraverso il cellulare di una mamma ucraina…

Il futuro di tutti dipende da cosa le donne scelgono di essere nei prossimi anni. Se vorranno continuare a emulare gli uomini o se invece preferiranno rimanere fedeli a un’identità femminile che manifesta la sua divinità nella straordinaria capacità di accogliere l’altro. Solo una donna sa cosa significa (con)dividere due volte il suo corpo con quello di un altro, per fare spazio e occuparsi della vita che si affaccia nel mondo. Progettata per pensare e vivere in due, mettendo da parte l’egoismo che la vorrebbe concentrata interamente su stessa. E la guerra, dopotutto, non è conseguenza di un narcisismo sfrenato, incapace di proiettarsi in un mondo da condividere con gli altri?

La risposta allora sta nelle mani. Le mani della madre, per citare lo psicanalista Recalcati, ma che poi sono le mani di ogni donna. Beate, scrive il poeta Rilke, siano le mani della madre. Benedetto il sostegno che offrono alla rugiada e ai giorni della vita. Benedetta la pianta della madre e la sua memoria.

Mani che se continueranno ad aiutare gli altri a rialzarsi da terra, potranno davvero fare a meno di imbracciare i fucili. 

Marialaura Bonaccio, Campobasso