XVIII EDIZIONE

VENERDÌ 15 APRILE 2022

Non è qui, è risorto (Lc 24,1-12).

Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.

Ricorrono quest’anno i 100 anni dalla nascita e i 30 anni dalla morte di p. Ernesto Balducci, vero profeta del nostro tempo. Leggendo il vangelo di Pasqua mi è tornata in mente una delle sue ultime omelie, proprio in occasione della Pasqua, dove diceva più o meno queste parole: quando ho visitato il Santo Sepolcro a Gerusalemme, dove tante confessioni cristiane si litigano a suon di riti e preghiere gli spazi della basilica, ho finalmente capito le parole dell’angelo alle donne: non è qui, è risorto! Penso sia il modo migliore per spiegare il mistero della risurrezione di Gesù. Mi sembra un completamento dell’episodio raccontato da Eli Wiesel nel romanzo autobiografico “La notte”, dove di fronte all’impiccagione di un bambino ad Auschwitz chi osservava chiedeva dov’era Dio e lui dentro di sé dice: è lì, in quel bambino appeso a quella forca. Sono le domande che ancora oggi escono dalla bocca e dal cuore di molti di fronte alla tragedia della guerra: dov’è Dio? Dov’è Gesù Cristo? Di certo non è nei proclami di uomini di chiesa che giustificano la violenza gratuita e l’invasione di una nazione; di certo non è con coloro che mettono in fuga milioni di persone, che uccidono bambini, che stuprano donne, che rigettano i disperati in mare. Ma Dio è con le vittime, anzi nelle vittime. E Gesù è risorto, per dirla con le parole di Guccini, in ciò che crediamo, ma soprattutto facciamo in favore delle vittime, di tutte quelle persone, cioè, che come Gesù, sono stati consegnati nelle mani dei peccatori e sono stati crocifissi. Le donne sono invitate dall’angelo a ricordare le parole di Gesù: è l’esercizio della memoria che permette all’umanità di non commettere più i delitti del passato; ma anche per chi si dice cristiano fare memoria significa non fermarsi ai tempi dello splendore degli imperi che massacravano in nome di Dio e di Gesù Cristo, ma tornare agli inizi del cristianesimo, quando il vangelo era testimoniato da donne emarginate e da uomini inermi che trovavano la forza di affrontare il male non con la violenza ma con la fede incrollabile in Colui che ha il potere di richiamare chi è morto alla vita. La Pasqua cristiana non è il ricordo di un lieto fine cinematografico, ma celebra la convinzione che anche la notte più nera di un essere umano o dell’intera umanità non è e non deve essere l’ultima parola. Ed è questo l’unico motivo per cui dovrebbero esistere i cristiani, non certo per benedire eserciti e giustificare massacri.

Michele Tartaglia