XVIII EDIZIONE
GIOVEDÌ 31 MARZO 2022

Beate le donne che piangono per chi non sa versare lacrime
Ben pochi si sono resi conto che quando hai listato le beatitudini parlavi in sostanza di noi donne. Infatti che ero stata io a suggerirti le beatitudini.
Lo devo a tutte le donne che hanno vissuto e che vivranno, voglio diventare un portavoce per tutte le mie sorelle a cui non è stato permesso finora esprimere reazioni e sentimenti. Tu hai parlato a loro e per loro e di loro, che per migliaia di anni hanno conservato e mantenuto vivo il segreto che tu hai rivelato. Le donne hanno trasmesso da una generazione all’altra, fin dai tempi di Eva, che l’amore è la sorgente inestinguibile di vita, mentre la legge al massimo sostiene la vita e può arrivare a distruggerla se viene osservata senza compassione. Tu hai reso possibile la pratica dell’amore per cui le donne hanno sofferto in silenzio fin dall’inizio dei tempi.
Ma lo devo soprattutto a te, figlio mio. Come tua madre mi sono presa l’impegno di seguirti e sostenerti fino alla morte. Il tuo successo è il mio. E le donne sono la chiave del tuo successo, sono l’esempio vivente delle tue raccomandazioni. Le donne sono povere di spirito, perché dipendono da padri, mariti e figli per il loro sostentamento, perché il loro ruolo è confinato a servire in casa gli uomini della famiglia.  Tu hai messo in luce che il nostro ruolo di mogli e di madri è tutt’altro che secondario, è la chiave della vita eterna. Quanti uomini si sono accorti che mentre benedicevi i poveri di spirito benedicevi noi, che li invitavi a riconoscersi in noi, a imitarci? Le donne sono coloro che piangono in silenzio, che versano le lacrime che gli uomini sono incapaci di esprimere. Piangono perché nessuno sembra apprezzare i sacrifici a cui si sottomettono prima di tutto durante le gravidanze, piangono perché non sono ascoltate quando mariti e figli vanno spavaldi ad incontrare la morte seguendo un ideale mascolino di eroismo, piangono sulle vite perse nel perseguire gloria e ricchezze vane, e piangono soprattutto per coloro che non sanno piangere, che preferiscono uccidere i loro nemici invece di piangere le loro perdite. Non mi stupirebbe se il Quoleth che dichiara che tutto il mondo è vanità fosse stato suggerito a lui da sua moglie – o forse da una puttana saggia in un bordello. Per gli uomini evitare di piangere è una manifestazione di virilità. La pretesa di essere forti risparmia loro la sofferenza che noi invece proviamo intera per noi e per loro. Le donne hanno fame e sete di giustizia, per sé stesse, per la loro famiglia per i vicini e per gli stranieri. In una società patriarcale la giustizia è la forza bruta, la capacità di una tribù, come l’impero romano, di legiferare la vita di altre tribù. A propria immagine e somiglianza gli uomini si sono costruiti un Dio che è un tiranno brutale.  Per le donne la giustizia deve essere amministrata come un atto d’amore, la giustizia deve dire alla persona che ha peccato che è ancora amata, che la punizione del crimine serve a riammetterla alla comunità, non a ostracizzarla per sempre. A te piaceva ripetere il salmo che prevedeva un incontro di misericordia e giustizia e insistevi che la misericordia è la forma più alta di giustizia.  E le donne non si vergognano della loro mitezza, né di preferire la pace alla guerra: le donne sanno che i figli seppelliscono i genitori in tempo di pace. In tempo di guerra sono i padri a seppellire i figli.

Da “Il Vangelo secondo Maria” di Lodovico Balducci