XVIII EDIZIONE

VENERDÌ 25 MARZO 2022

Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita (Lc 15,1-3.11-32).

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Il messaggio centrale del vangelo è legato al titolo di questa domenica nella liturgia: è la domenica della gioia ed è quanto invita a fare il padre della parabola (cioè Dio) per il ritorno a casa del figlio che era partito per un paese lontano vivendo una vita senza più senso. Questo ritorno ha colpito così tanto la spiritualità cristiana che quasi ci si dimentica che la parabola non finisce con esso ma focalizza anche l’atteggiamento del fratello maggiore, il quale non ha nessuna intenzione di far festa e ne spiega il motivo: “questo tuo figlio ha divorato le tue sostanze con le prostitute”, ha vissuto, cioè, una vita fuori dai parametri morali, fuori dagli schemi ideologici inculcati dal sistema etico religioso a cui appartiene questa famiglia (certamente è una famiglia ebraica osservante della legge, che non ammette neppure le “prostituzioni sacre”, tipiche del mondo pagano). Il figlio maggiore, che si autodefinisce servo e non figlio, che (a differenza del minore scapestrato) non chiama mai il padre “padre”, mette al primo posto non la persona ma gli schemi morali che prevalgono a tal punto da poter far comodamente fuori, uccidere, un essere umano pur di salvare la santità dei precetti. Come non pensare alle assurde elucubrazioni del capo di una chiesa “cristiana” che giustifica l’intervento armato che sta producendo un’ecatombe con la motivazione che chi ha iniziato la guerra sta difendendo il suo paese e pure quello invaso contro il sistema di valori di un occidente che pretenderebbe come sorta di rito iniziatico (espressione della sua “religione” amorale) la celebrazione del gay pride? Al netto del fatto che lui stesso creda alle fandonie che ha proclamato, si torna all’eterno dilemma che è alla base delle religioni: è più importante l’idea o la persona? La teologia o la vita umana? Il figlio minore sarà stato anche un opportunista, ma la differenza tra il padre (Dio) e il fratello maggiore (i sistemi religiosi e dogmatici di tutti i tempi) sta nel fatto che il padre non giudica e non condanna ma accoglie con un abbraccio caloroso e amorevole il figlio che è tornato (questo e non altro è il vangelo!), non importa per quale motivo. Il “fratello”, che più che fratello maggiore sembra essere un Grande Fratello di orwelliana memoria, ha invece in mente solo uno schema ideologico da trasformare presto in spada per togliere la vita a chi era morto ma, grazie all’amore del padre, è tornato in vita. Alla fine si scopre che chi in nome di Dio o di qualsiasi ideologia vuole sopprimere l’uomo è veramente perduto e, nonostante tutte le elaborazioni teologiche, filosofiche e politiche accampate, non troverà mai la strada di casa.

Michele Tartaglia