XVIII EDIZIONE

VENERDÌ 18 MARZO 2022

Vedremo se porterà frutti (Lc 13,1-9).

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Chissà quanti testimoni dei fatti a cui fa cenno il vangelo si saranno chiesti: “Ma che male hanno fatto queste povere persone su cui è precipitata la torre di Siloe?” E, allo stesso tempo, chissà quanti avranno detto riguardo a quei Galilei: “Se la sono cercata; se invece di occuparsi di politica e criticare il potere romano avessero pensato solo a pregare Dio, in questo momento sarebbero ancora in vita”. Cambiano i tempi ma non cambiano le reazioni di fronte agli eventi che accadono intorno a noi: che male ha fatto chi è vittima di catastrofi naturali o, come nuova Siloe, che male hanno fatto le vittime dell’esplosione di gas in Sicilia? Come anche spesso capita di sentire nelle trasmissioni, sui giornali, sui social: se lo meritano quelli che osano inseguire grandi ideali e non accettano la realpolitik; è colpa del governo filoccidentale se l’orso russo si è svegliato e sta mostrando gli artigli. È colpa dell’occidente se adesso dobbiamo assistere al massacro di tanti inermi; è colpa degli ucraini se ci sono tanti profughi, perché non vogliono accettare la superiorità dei russi, come è stata colpa dei giudei se Gerusalemme è caduta, non avendo voluto accettare il governo di Roma. Ma questi eventi, a dispetto di tutti i ragionamenti gratuiti che venivano fatti una volta nei bar di paese e oggi nella comodità dei salotti televisivi occidentali, come anche la pandemia che ancora manifesta la sua pericolosità, nonostante le artificiose dichiarazioni riguardo alla sua fine, non sono solo eventi tragici, dolorosi, che non fanno distinzione tra stupidi e intelligenti, innocenti e colpevoli. Sono anche dei segni che dovrebbero fare interrogare chi non è incappato nella falce distruttrice, sul senso che si dà alla propria esistenza e sulla capacità di entrare in empatia con le vittime, accogliendo il loro dolore e la loro richiesta di giustizia.  Questi eventi dovrebbero, come concime che ha forza di ridare vita a una pianta morente, far cominciare a non voltarsi più dall’altra parte, a non lasciar fare ai poteri di turno che in nostro nome hanno stretto patti con i diavoli che si sono alternati sulla scena del mondo. Dovrebbero farci esercitare finalmente un controllo democratico serio su chi gestisce la politica, l’economia e la comunicazione. Se ciò non avverrà, non ci dovremo poi lamentare quando tra un mese, tra un anno o tra dieci anni toccherà a noi. Perché la storia ci insegna che prima o poi, di ciò che abbiamo o non abbiamo fatto, ci verrà chiesto il conto.

Michele Tartaglia