XVIII EDIZIONE

MARTEDÌ 15 MARZO 2022

Le Beatitudini come istigazione al bene in un mondo in cui siamo tutti detenuti

Il principio delle Beatitudini e dei consigli evangelici riproposti da Luca qualche settimana fa, è bellissimo, ma ha un difetto: non è praticabile. Se a uno che mi percuote offro l’altra guancia (il che è già difficile in sé), lo invito all’uso della violenza, perché lo indurrò a pensare di poter usare la violenza senza rischio di ritorsione. Di più. Se non giudico, metto sullo stesso piano, davanti agli uomini, l’onesto e il disonesto. Del resto è detto nei Comandamenti che non si deve rubare. Ma la lettura dei Comandamenti deve essere interpretata senza sanzione? Ora il principio evangelico in sé è molto bello, ma va spiegato bene. Di questi tempi violenza, soprusi e disonestà la fanno da padroni e l’astenersi dal giudicare, ovvero non sanzionare i colpevoli, non è una buona idea per affrontare i gravi problemi del quotidiano. Sono semmai più per il perdono, che comunque consegue a un giudizio, pur rendendomi conto che perdonare non è facile.

Ho creato, una decina d’anni fa, nel carcere di Bologna, un’azienda in forma capitalistica (è l’unica in Italia e, forse, in Europa) di cui sono socie le tre maggiori società bolognesi del packaging a livello mondiale, con un socio minore che è l’ente più avanzato nel settore della formazione tecnica. Sono stato il Presidente della società fino a qualche anno fa. Ora mi sono ritirato e sono rimasto come Presidente onorario, per volontà dei soci. Nella mia attività in carcere, ho imparato a conoscere i detenuti. I dipendenti sono tutti detenuti senza ancóra né semilibertà né altri benefici di legge. Sono tutti assunti con contratto nazionale del lavoro. Ebbene, la gran parte di loro sono pentiti dei reati commessi e sperano solo di cambiare vita. Nessuno si è mai lamentato del giudizio al quale era stato sottoposto. Tra quelli poi ritornati in libertà e accolti nelle aziende socie, non abbiamo avuto nessun caso di reiterazione dei reati, il che avviene invece nella pluralità dei casi di detenzione senza rieducazione. Scontata la pena conseguita al giudizio, hanno potuto trovare una riproposizione in società grazie all’opportunità ricevuta. Il tutto dopo avere scontato la pena. Credo che di queste cose si debba tenere conto.

Il Vangelo aiuta a mitigare la realtà con l’insegnamento di Gesù che certamente tende ad altro rispetto a ciò che l’uomo normale riesce a leggere. Personalmente ritengo valido l’insegnamento di Gesù come insegnamento morale, ma credo che tutto debba essere ricondotto alla vita normale. In una terra di santi, andrebbe bene, ma se fosse una terra di santi, l’insegnamento potrebbe essere superfluo. Va spiegato, come istigazione (il termine non è improprio) al bene, come incentivo alla mitezza.

Italo Giorgio Minguzzi, Bologna